Premesse

La comunicazione profonda tra due persone è una rarità di valore inestimabile. La sola cosa che ci permette di sottrarci a quella trappola che è la solitudine esistenziale da cui tutti proveniamo e cui tutti siamo destinati. Si nasce soli e soli si muore, ma nel nostro cammino su questa terra è possibile incontrare qualcuno in grado di inabissarsi nei nostri meandri più profondi ed oscuri, portandovi luce, calore, conforto. Qualcuno che a quell'abisso riesce a parlare e a dare ascolto. Una condizione tanto rara quanto labile, appunto. Non bisognerebbe mai dimenticare quanto certi incontri siano preziosi, e quanta attenzione e cura e sacrificio e sofferenza meritino. Perchè oltre quel meraviglioso e sottilissimo filo, c'è un silenzio senza confini.

L'ESTATE - Josè Saramago da "Di questo mondo e degli altri"


La chiamano mantello dei poveri, segno di freddo il resto dell’anno. D’estate scappano di casa gli adolescenti, desiderio di fuga nato forse in primavera, ma solo la promessa dei giorni vibranti e delle notti benigne maschera di conforto i pericoli dell’avventura. L’estate è tutta un richiamo, un clamore di festa che si ode nel ronzio delle grandi calure. E quando il sole popola di rive e isole d’ombra l’oceano infuocato di luce, siamo tutti un po’ naufraghi e ansimiamo dolcemente, mentre il sudore stilla dai pori come fontana e ci bagna di sale.L’estate è esigente, non aspetta. Si propone come la polpa carnosa di un frutto che reclama la bocca predestinata - e che marcisce, inutile, se il tempo è passato invano. Sul ramo più alto dell’albero il frutto rivolge al sole la pelle profumata e convoca gli uccelli alla gioia della maturazione. Ma la corona che lo merita è la mano dell’uomo. E il frutto riposa un istante sotto lo sguardo che lo desidera, mentre al suo interno, come il sangue che d’improvviso scorre più veloce e imperioso, il succo si prepara alle migrazioni della sostanza. E c’è il mare, che l’estate inquieta e placa. E la frescura delle onde che di colpo s’induriscono e coprono di indolenti fili d’acqua le lunghe sabbie ardenti. E l’ombra di un canneto abbandonato che disegna al suolo il lento passo delle ore luminose. Tutto ciò ha senso se sotto il sole e sulla sabbia, e dentro l’acqua, e proiettato nella nitida trasparenza della distanza, il corpo è accompagnato dall’uguale certezza che lo riflette e sublima. L’estate promette, e mantiene. Cantano meno gli uccelli, le messi hanno perso quel che sembraba eterno rigoglio - ma è il tempo dei nidi e della stoppia, ormai insecchita e rigida, si aggrappa alle dure zolle dove il grano, per grazia del sole e della terra, ha firmato con l’uomo il più sacro degli impegni: tu mi rispetti, io ti alimento.In questi giorni di fuoco è necessario essere di fuoco. L’estate è un corpo di donna che avanza come polena, fiamma che rompe le fiamme. Ha in mano gli innumerevoli fiori che resistono al tempo. Trasporta con sé un segreto di vita che corre sulle onde del mare, sulle cime rumorose degli alberi, tra la soffice lanugine che riveste l’incavo delle ali degli uccelli. L’estate canta trionfale. È un grido di giubilo, lanciato verso i misteri minacciosi. E diviene un mormorio dentro le notti scure e profumate, quando una lieve e tiepida brezza giunta dalle arche dell’orizzonte passa sul volto come un’impoderabile carezza di mani amate. Canto l’estate che mi canta. E giro lentamente il corpo in questo spazio come un figlio del sole, mentre il mare risplende. Pianto i piedi sulla sabbia che ubriaca colgo con le mani avide i frutti più alti. È tempo loro. Mi distendo lungo la barca portata dalla corrente e vedo passare rami verdi, bianche nubi, cieli di azzurro e perla, uccelli prodigiosi. Cade su di me una profonda e dolorosa allegria: verrà l’inverno, ma oggi è estate.

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